Aree militari, deserto anche il secondo bando
Nuova fumata nera per le ex aree militari: anche la seconda chiamata per l'asta delle caserme Sani e Masini, l'ex birreria della caserma Mameli e l'ex direzione lavori di via Triumvirato è andata deserta. Nessuna offerta per il complesso di beni da quasi 60 milioni di euro, e una nuova "tegola" per il bilancio comunale. La bozza della manovra da 50 milioni di euro di tagli prevedeva infatti di incassare 7 milioni dalla vendita delle aree, anche se era già una stima corretta al ribasso dopo il primo forfait, in dicembre, degli imprenditori privati. Per ora all'attivo c'è solo la vendita di tre lotti, con un incasso di poco più di 2 milioni, il 20 dicembre scorso, ma di questa cifra al Comune spetta circa il 15%. La somma più consistente è legata alle aree che per la seconda volta non hanno trovato un compratore.
Dopo le prime aste andate a vuoto, due mesi fa, il demanio ha infatti ripubblicato il bando per i complessi rimasti invenduti. Ma la base d'asta è rimasta la stessa, le modalità erano identiche e la riposta del mercato non è cambiata. Ieri l'ultimo "gran rifiuto": niente investimenti per l'ex direzione lavori di via Triumvirato da 305 mila euro e per la caserma Mameli (all'asta i locali dell'ex birreria) da 831 mila euro. Lunedì scorso, il 14 febbraio, non era arrivata neanche un'offerta per i due lotti più grandi, le caserme Sani e Masini, investimenti rispettivamente da 41 e 13 milioni di euro. Adesso è impossibile che i 7 milioni entrino nelle casse di Palazzo d'Accursio prima della chiusura del bilancio, entro il 31 marzo. Si possono prevedere variazioni e correzioni successive, ma la vendita degli imponenti complessi resta una strada tutta in salita.
I costruttori, fin da subito molto critici sui bandi d'asta dell'Agenzia del Demanio, adesso chiedono di abbassare i prezzi e cambiare i dettagli della gara. "Avanzeremo la proposta formale di abbassare le basi d'asta e rivedere la procedura di assegnazione - spiega Carmine Preziosi, direttore del Collegio Costruttori - è necessario un dialogo preventivo con la soprintendenza e il Comune su destinazione d'uso e sagoma degli edifici". Secondo Preziosi, il grosso ostacolo per la vendita di questi lotti pregiati ma costosi e vincolati dai beni culturali, in particolare le caserme Sani e Masini, è proprio l'impossibilità di cambiare la forma degli edifici oggi presenti. "La sagoma degli edifici condiziona la destinazione d'uso - dice il direttore del collegio - quindi bisognerebbe prevedere la possibilità che gli investitori interessati possano discutere prima con la soprintendenza e il Comune per verificare le reali possibilità di queste aree. Questa procedura si definisce "dialogo competitivo", è presente in molte gare europee". Se non si "incontra il mercato", come dicono gli addetti ai lavori, bisognerà pensare a un altro tipo di contratto. La caserma Sani, in particolare, si trova in un'area come quella del Parco Nord e della Fiera in cui si prevedono grandi investimenti urbanistici, ad esempio quelli del Tecnopolo.
In ogni caso, che si decida per una modifica del bando o per un ribasso della base d'asta, i tempi si allungano molto, mentre queste avrebbero dovuto essere risorse velocemente disponibili, a fronte di un percorso lungo anni per arrivare alla definizione del bando. Non erano mancate neanche le contestazioni, con tanto di sit-in di protesta davanti alla caserma Mameli da parte dell'Unione sindacale di base (Usb): i manifestanti, contrari alle alienazioni, parlavano di "l'ennesimo furto alla collettività". Ma in questo caso ci ha pensato la crisi del mercato immobiliare ad affossare le vendite, quando ci sono ancora altre 11 ex aree militari in ballo, tra alienazioni e nuove destinazioni.
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