Con il termine Mesopotamia si intende la regione del Vicino Oriente facente parte della cosiddetta mezzaluna fertile. Il nome stesso (en mesw potamwn, o μÎσος ποταμός in greco) la indica come "terra tra due fiumi": il Tigri e l'Eufrate.
Spesso il bacino mesopotamico viene raffrontato per similitudine con quello del Nilo, entrambi hanno infatti favorito lo sviluppo delle civiltà umane ma con sostanziali differenze. Il grande fiume africano, a causa della sua nascita in zona monsonica, assicurava piene regolari e feconde grazie al limo che depositava, mentre il Tigri e l'Eufrate, per la loro imprevedibilità , furono un importante stimolo per la costruzione di opere di irrigazione e di regolazione delle acque. Le differenze non si mostravano solo nella gestione dell'ambiente ma anche sulla cultura dei due popoli: tanto gli Egizi si sentivano sereni in un mondo immutabile quanto i popoli della Mesopotamia svilupparono una cultura pessimista e sempre in lotta con la natura ostile.
La riscoperta delle grandi culture della Mesopotamia è, sorprendentemente, storia recente. All'inizio del XVIII secolo, con la traduzione de "Le mille e una notte", vi fu un rinnovato interesse per questa terra, vista misteriosa ed ostile, e molti intrapresero viaggi dai quali tornarono carichi di diari e schizzi di antiche rovine che portavano nomi richiamanti località bibliche. La spedizione napoleonica in Egitto, con la riscoperta della sua civiltà millennaria, spronò molti studiosi ad avventurarsi, all'inizio del XIX secolo, nella terra dei due fiumi. Fu a metà del secolo che iniziarono le prime vere e proprie rudimentali esplorazioni di siti quali Ninive, Dur Sharrukin, Nimrud e Assur (da parte di Paul Emile Botta e Austen Henry Layard), ed in seguito Uruk e Ur. Quando, nel 1855, un battello carico di reperti da Dur Sharrukin si rovesciò causandone quasi l'intera perdita nel Tigri (si salvò solo un decimo del materiale), le operazioni vennero sospese per un ventennio. Fu in questo periodo che George Smith, nel 1872, tradusse la scrittura cuneiforme di una tavoletta proveniente da Ninive riportante il racconto di un mitico diluvio. Ciò produsse una nuova spinta nell'esplorazione, questa volta più metodologica, e furono scavati nuovi siti, come Babilonia, e ripresi altri, come Assur, dall'archeologo tedesco Robert Koldewey. Ma anche da altri come, per citarne solo alcuni fra i più famosi: von Oppenheim, Thomas Edward Lawrence e Leonard Woolley. Da allora ad oggi la volontà di riportare alla luce queste importanti civiltà ha trovato tregua solamente durante la seconda guerra mondiale e la prima e seconda guerra del golfo.
|